Salvatore Morelli – Il padre dei diritti delle donne


“IlMorelli primo a chiedere la parità dei diritti per le donne” –
Deputato in Parlamento eletto nel collegio uninominale da Tutta la Sinistra Repubblicana e Democratica con allora l’iniziale partecipazione Socialista. Era un deputato Repubblicano.

Salvatore Morelli (1824-1880), nativo di Carovigno, può essere considerato un paladino dei diritti delle donne per le battaglie civili condotte in Parlamento in favore dell’emancipazione femminile.

Di lui scriveva Garibaldi il 6 luglio 1867

“Egli è stato il primo rappresentante, in Europa e nel mondo intero, che ha osato con audacia senza pari sfidare i pregiudizi dei secoli, e specialmente di quello inetto e ridicolo nel quale vegetiamo, portando sul campo legale il fulcro delle questioni sociali, che si realizza nell’emancipazione della donna, della coscienza e dell’umano pensiero”.

Nacque in una buona famiglia pugliese e «salì» a Napoli per i suoi studi di giurisprudenza nel 1840. Fu nella capitale che strinse amicizia con alcuni giovani mazziniani, si iscrisse alla «Giovane Italia», prese parte a circoli in cui si discuteva animatamente di Costituzione, libertà, diritti dell’uomo. Nel 1848 credette che il re Borbone si sarebbe convertito al liberalismo e scrisse un entusiastico «Brindisi a Ferdinando». Ma quando si accorse che il re non aveva alcuna intenzione di cambiare il sistema politico del regno, ne bruciò il ritratto in una piazza del paese: un gesto che era, per i tribunali borbonici, un delitto di lesa maestà.

Comincia da allora la peregrinazione di Morelli attraverso le fortezze, le prigioni e i soggiorni obbligati del regno delle Due Sicilie. Condannato a otto anni di carcere, fu rinchiuso nella fortezza di Ischia e venne inviato più tardi al confino di Ventotene, vale a dire nell’isola in cui Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, più di ottant’anni dopo, avrebbero scritto il maggiore documento dell’europeismo italiano. Scontata la pena, collaborò con Carlo Pisacane alla vigilia della sfortunata spedizione di Sapri e cadde ancora una volta nelle maglie della giustizia borbonica.

SchermataNuovamente processato e condannato, fu imprigionato per qualche mese e venne mandato in soggiorno obbligato a Lecce dove fondò, dopo la formazione del regno d’ Italia, un giornale d’ispirazione mazziniana. Risale a quel periodo (1861) il libro «La donna e la scienza» definito come il primo libro sistematico sui diritti delle donne.  Quando entrò alla Camera per il collegio di Sessa Aurunca, nel giugno del 1867, Morelli era quindi mazziniano, progressista e, forte della sua formazione giuridica, un appassionato riformatore sociale. Fu amico di Victor Hugo, John Stuart Mill, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Jules Simon.

A giudicare dai suoi progetti di legge, tutti accolti con grande freddezza, i temi che gli stavano maggiormente a cuore erano la riforma dell’istruzione e la soppressione dell’insegnamento religioso, la riforma del diritto di famiglia, la parità dei diritti fra marito e moglie, il divorzio, l’abolizione di qualsiasi discriminazione fra figli legittimi e naturali. Non ebbe fortuna, ma era tenace e alla sua caparbietà si deve l’approvazione nel 1877 della prima legge sulla capacità giuridica delle italiane. Nel 1872 presentò, ampliando il disegno di legge sui diritti della donna già presentato nel 1867, il primo disegno di legge per il divorzio in Italia. Istituì, con comitati attivi in tante città d’Italia e di Europa, lo stesso movimento delle femministe. Diventò perciò nemico della monarchia e del papato, ma fu anche  ignorato o misconosciuto da quelli per cui lottava.

In un suo profilo biografico si legge che quando morì, nel 1880, era «praticamente ridotto alla fame».

Crediamo che il migliore omaggio alla sua memoria sia quello di riprodurre qui il testo del primo articolo della legge che egli propose in Parlamento sulla condizione della donna

«Art.1. Riconoscendo nella donna identità di tipo e facoltà eguali all’uomo, giustizia vuole che essa sia eguagliata al medesimo nei diritti civili e politici. Quindi le donne italiane, dalla pubblicazione di questa legge, sono facultate ad esercitare i diritti civili e politici nello stesso modo e con le medesime condizioni che li esercitano gli altri cittadini del regno d’ Italia.

O.T.

Fonti

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